Effetti collaterali

Come nel bugiardino di ogni farmaco oltre alle indicazioni di utilizzo del farmaco vengono sempre riportati gli effetti collaterali, così anche nell’infezione da Covid19  cominciano a manifestarsi alcuni degli “effetti collaterali” in tutta la loro forza e drammaticità. Già dalla prossima settimana infatti, moltissimi dipendenti, se non già sottoposti a ferie, saranno sottoposti al “periodo di  integrazione salariale per le giornate di sospensione del lavoro” così come disposto dalla circolare INPS del 22.03.2020.  Si tratta di cassa integrazione (in deroga o non), assegno ordinario del fondo di integrazione salariale (FIS)  e ai Fondi di solidarietà (bilaterali o bilaterali alternativi) per una durata di 9 settimane anche non continuative. Senza entrare nei tecnicismi o meccanismi di questo sussidio economico, quella che si profila è una situazione che se perdurante risulterà essere difficilmente sostenibile dalle famiglie come dimostrano le prime reazioni di “assalto ai supermercati” frutto della mancanza di denaro necessario a procurarsi del cibo.

La paura ed il terrore della perdita del lavoro acuisce il senso già precario di una condizione in cui il lavoro è considerato una merce o una cosa, un semplice mezzo per il profitto di pochi, per la predazione dell’ambiente, una variabile dipendente dei mercati finanziari e monetari. In una visione consumistica dello sviluppo, si perde di vista il valore del lavoro come bene fondamentale della persona, della famiglia, della società, del bene comune, della democrazia. In questa situazione di precariato dettata dalla pandemia del Covid19 si comprendendo con chiarezza le affermazioni di Papa Francesco quando indica il lavoro come “un bene per tutti,  un dovere e, quindi, un diritto di tutti”. Si comprende anche come l’impresa ed i dipendenti siano parti essenziali e preziosi di una comunità di persone in cui l’imprenditore esercita la propria autorità non per il potere ma per il servizio a favore dello sviluppo e della costruzione del bene comune. Se da un lato la solidarietà dei dipendenti è fondamentale nell’impresa, perché crea la forza unitaria necessaria allo sviluppo nel lungo periodo, d’altro canto la coscienza imprenditoriale deve essere diretta alla costruzione del bene comune che è bene di tutti e di ciascuno perché nessuna persona deve essere esclusa dai benefici dei processi di sviluppo, essendo tutti fatti ad immagine e somiglianza di Dio.

Il valore del bene comune implica quindi che l’obiettivo dell’impresa non è solo la massimizzazione del profitto per gli azionisti, ma riguarda anche la responsabilità nei confronti di: dipendenti, comunità locali, istituzioni locali, clienti, fornitori, ambiente. 

Ben vengano allora tutte le forme di aiuto messe in atto per scongiurare la perdita del lavoro e la disgregazione di quel tessuto produttivo di imprese che è patrimonio di tutti. In primo luogo bisogna evitare che le persone perdano il loro lavoro perché, come hanno osservato molti economisti, con un livello di occupazione stabilmente più basso le famiglie faranno fatica a ritrovare un loro equilibrio finanziario. Diviene fondamentale allora oltre che rinviare il pagamento delle tasse e mutui, anche e soprattutto immettere subito liquidità nel sistema per aiutarle a salvare i posti di lavoro. La crisi finanziaria ed economica del 2007-2008, dalla quale ci stavamo lentamente e con molta fatica risollevando, ha  già mostrato i limiti di un sistema basato sul raggiungimento dell’efficienza, del risultato, del profitto nel più breve tempo possibile a discapito dei lavoratori. Non è più quindi rinviabile un’attenzione al lavoro ed al lavoratore che porta ad una negazione del primato dell’essere umano. Monitoreremo costantemente come comunità diocesana la situazione lavorativa all’intento della nostra diocesi sostenendo innanzitutto con la preghiera ma anche attraverso strumenti di riflessioni e piccoli gesti simbolici i lavoratori con l’intendo di essere vicini a tutti coloro che, per vivendo nell’incertezza di un futuro oscuro, non possano cadere nella disperazione. Invocheremo San Giuseppe protettore dei lavoratori per assistere in questa delicata fase della vita ogni lavoratore preparandoci a vivere una “festa dei lavoratori” come una grande offerta al Signore di tutte le nostre angosce, nella speranza certa che il futuro sarà migliore, perché  ad ognuno sarà garantito “il proprio pane quotidiano”.

Onofrio Losito

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